Alberto Burri, Senza Titolo

Esponente di spicco dell’Arte Informale, Alberto Burri fa della materia, del gesto e del significato la base della sua importante produzione artistica.

Dedichiamo oggi questo articolo all’opera Senza Titolo, inserita nella vendita all’incanto del 23 marzo, Asta 9 – Collezione Salmoiraghi, lotto 58. Firmata, datata e con dedica “Per la signora Bellini” sul retro, si tratta di una tavola dalle dimensioni 4 x 5,7 cm, eseguita nel 1958. In questa piccola ma potente composizione, acrilico, tela e vinavil si aggregano tra loro per raccontare la libertà dell’imprevisto. Tavola e tela sono ricoperte da un denso colore rosso e nero, che simboleggiano rispettivamente il sangue e la morte.

Nomisma Aste, Asta 9 - Collezione Salmoiraghi, Lotto 58, Alberto Burri, Senza Titolo

Asta 9, Lotto 58, Alberto Burri, Senza Titolo

Alberto Burri, l’autore

Reduce della Seconda Guerra Mondiale, durante la quale fu fatto prigioniero dagli inglesi in Tunisia nel 1943 e successivamente inviato in un campo a Hereford, in Texas, Burri iniziò a dipingere proprio durante la prigionia. Nel 1946, con la guerra finita e un mondo da ricostruire, si trasferì a Roma, dedicandosi interamente alla pittura. Dopo un breve viaggio compiuto a Parigi nel 1948, si avvicinò alla pittura astratta, sperimentando materiali extra-pittorici come la pomice, il catrame e altri, mettendo in primo piano l’importanza della materia.

In questo modo, Burri entra a gamba tesa a far parte dell’Arte Informale. Nata dalla crisi dei valori dovuti dalla Seconda Guerra Mondiale, porta gli artisti a cercare nuove strade con cui esprimersi e dare voce ai disagi e insicurezze causati dalla guerra. La lavorazione del materiale inesplorato conduce gli artisti a sperimentare una gestualità dettata dall’istinto e dal rifiuto della forma – ovvero tutto ciò che ha un contorno e delle precise caratteristiche fisiche – negandone la razionale conoscenza della realtà. L’esperienza artistica dell’arte informale si lega alla testimonianza dell’essere e dell’agire, dovuto alle filosofie esistenzialistiche di quegli anni che proponevano una visione pessimistica dell’uomo e della sua realizzazione in un mondo distrutto dalla guerra.

L’Arte Informale si articola in tre filoni principali di ricerca, con affinità allo Spazialismo e alla pittura segnica:

  • Informale Gestuale, definito anche action painting, il cui maggiore esponente fu Jackson Pollock. Questo filone affonda le sue radici nelle avanguardie storiche, dal Dadaismo con il suo rifiuto per la cultura, all’Espressionismo con le sue immagini violente, fino al Surrealismo dove l’informale assume un elemento importante, ovvero la valorizzazione dell’inconscio.
  • Informale Segnico, rappresentato da artisti francesi come Wols e Georges Mathieu, precursori dell’Astrazione lirica, e dall’italiano Giuseppe Capogrossi.
  • Informale Materico, dove i veri protagonisti dell’opera diventano gli oggetti inediti come legni, plastiche, juta e metalli. Il primo protagonista fu il francese Jean Fautrier che si rifece alle esperienze del Cubismo sintetico di Picasso e Braque e alle ricerche surrealiste di Max Ernst. Alla sua poetica si avvicinarono anche il francese Jean Dubuffet e lo spagnolo Antoni Tàpies. Alberto Burri si inserisce pienamente in questa corrente.

Il processo artistico di Burri consiste nell’individuare materiali o elementi interessanti di scarto, come vecchi sacchi, legni, carte semibruciate, lamiere, plastiche, che in comune hanno una storia che gli ha portati ad avere quella determinata forma. Le sue prime creazioni artistiche, le serie delle Muffe, dei Catrami e dei Gobbi, che nascono alla fine degli anni 40 e inizi anni 50, contengono ancora un carattere pittorico, in quanto costruite seguendo la logica del quadro. Verso la metà degli anni 50 elabora la sua serie più celebre, i Sacchi, in cui incolla su una superficie sacchi di iuta, intervenendo con vari gesti per esplorare il rapporto tra la materia e il supporto, determinando dei contrasti di forza. Le superfici appaiono tese o increspate, vecchie lacerazioni del sacco si aprono o si formano facendo emergere il fondo densamente colorato.

Nel 1957 introduce la serie delle Combustioni, dove il fuoco assume una rilevanza fondamentale per la creazione dell’opera. I materiali quali legni, lamiere e plastiche vengono lavorati direttamente col fuoco, andando a modificare brutalmente la superficie che inevitabilmente intaccherà anche gli strati più interni, in maniera quasi viscerale. Verso gli anni 70, Burri sviluppa i Cretti, in cui la consumazione della materia raggiunge il suo apice. La purezza e l’espressività sono al loro massimo.

Nelle opere di Burri la simbologia è inesistente. D’altra parte il segno e il materiale assumono una preponderante importanza. Le materie diventano sensibili attraverso i segni, che portano in sé tracce di sofferenze, torture patite e offese, rinnovando il dolore attraverso l’atto artistico. Burri, nonostante la creazione di increspature e buchi della materia, cerca di esporre tutta la superficie alla luce, per mettere tutte le vicende al chiaro, a livello della coscienza umana. Per quanto la materia venga sofferta dai vari segni, la coscienza non si perde: anzi questa si farà, con l’aumentare dello spasimo, sempre più lucida.

Nella serie dei Sacchi, Muffe, Petroli e Plastiche, Burri modella, strappa, tratta e cura la materia come se fosse il corpo di una società umana auto lesasi dalla guerra, offrendo un’esperienza artistica intensa e radicale, in cui la materia stessa diventa il fulcro espressivo della memoria collettiva.

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